È la paura di cadere nel nero che ti fa cadere dentro. Io mi comportavo come lo struzzo per non vedere. Sono stata ricoverata per alcolismo, e mia figlia tornata da Londra è venuta prendermi “…non sei come gli altri… vieni via …”.
Mi dicevano “ma cosa vai dallo psichiatra”, o “non prendere le medicine che fanno male”. Per diversi motivi le persone ribadiscono l’inutilità della psichiatria.
Quando sono approdata al CPS mi si è aperto un mondo, grazie a tutti gli operatori per il lavoro che fanno nel pubblico, e ora lavoro come facilitatore sociale!
Essere un facilitatore sociale, vuol dire avere fatto un corso di studi e pratica lungo un anno. Il corso è parte della mia cura e lo è anche il lavoro. In questo corso, io ho imparato a usare la mia empatia con i pazienti per aiutarli: io so benissimo cosa stanno provando perché l’ho provato anche io e quindi riesco ad aiutarli in un modo diverso e complementare rispetto a quello che può fare un medico.
Ad esempio ho accompagnato per molto tempo un ragazzo di trentacinque anni da casa all’ospedale e dall’ospedale a casa perché lui da solo non riusciva a prendere il bus, aveva ansia e paura e io, che come lui avevo provato quell’ansia e quella paura, ho saputo aiutarlo.
Aiutare gli altri è un modo per curare anche se stessi, il meccanismo di “recovery”, riparazione, ti permette di trovare i modi per controllare le tue ansie, i tuoi disturbi.
Io oggi ho un buon controllo di me, l’unica cosa che non riesco a controllare è il “non mangiare”, se sono magra e vestita mi sento fortissima, ma odio quando la gente mi dice con leggerezza “ma perché non mangi di più!?” NON è così semplice!
Prima ero capace di chiudermi in casa e non parlare con nessuno per mesi, ero piena di paure, ansia e sensi di colpa, persino se un giorno piove ti convinci che è colpa tua! Oggi invece sono qui che parlo con voi!