Nel buco nero 

Il 19 gennaio 2011, una notte, trovo sei poliziotti a casa che mi aspettano, mi invitano a seguirli in questura, e io non so perché, non capisco: ecco cosa vuol dire finire in un buco nero.

Il carcere per me prima non esisteva, mai varcata la porta di un tribunale, lo vedo come il fallimento della mia vita e non ho modo di reagire, non ho intelligenza per risolvere il problema. 

Sono accusato di essere il mandante di una estorsione avvenuta lontano da me, risulto come trafficante internazionale di armi… 

È shoccante di vedere un carcere dall’interno, in un mondo dove tutti dicono “non sono stato io”. 

Immagini che ci sia lì dentro il peggio del peggio, perché quello che sapevo del carcere è quello che si vede nei film. In una cella con un pluriomicida, e un trafficante. 

Invece mi hanno accolto come una mamma, nella pima settimana mi hanno dato tutto il sostegno morale e fisico che mi potessero dare: è stata una piacevole sorpresa nella più brutta delle situazioni. 

Ho passato due carceri, poi sono stato rilasciato a piede libero. 

Sembrava risolta la situazione, mea culpa, mi dicevo, sono stato approssimativo, ma ero sicuro di non aver mai fatto nulla di male. 

In tribunale, invece, sono stato affidato a un avvocato che ha rinunciato a sentire i miei testimoni, così sono stato condannato a 6 mesi, e li ho fatti. Ho finito 4 giorni fa. In totale 90 gg di carcere, che ho cercato di trascorrere nel modo migliore possibile: mettere a posto l’ambiente, pitture, raccolta differenziata, maneggio. Finché sono stato messo in affidamento in prova.