Torno dentro 

Quando mi hanno arrestato stavo lavorando in prova da una settimana come pizzaiolo. Conoscevo quindi da poco il mio capo. Passata la settimana di prova, il mio capo voleva assumermi; è quindi andato a registrarmi e lì è scattato l’allarme. Mi hanno arrestato. A tutti i costi, e senza che io glielo chiedessi, mi ha voluto aiutare. Questo mi ha infastidito parecchio e sentivo che c’era sotto qualcosa, non era una cosa normale. Comunque, mi ha fatto uscire in prova dopo tre mesi, ma quando sono ritornato in paese ho capito che questa persona che mi aveva aiutato, in realtà mi aveva messo in una situazione peggiore. Avevo il permesso solo per andare da casa al lavoro, mi aveva dato l’appartamento dietro la pizzeria, ma ogni tanto mi lasciava fuori con il rischio che venissi accusato di evasione… 

Lui aveva tanti problemi, abusava di alcool, non pagava i debiti, lo conoscevano tutti, anche il brigadiere che mi ha addirittura messo in guardia. Quando ho capito che con il suo aiuto ero diventato una persona ricattabile, dopo un mese, ho deciso volontariamente di ritornare in carcere a scontare tutta la mia pena. Il 24 aprile sono andato all’Uepe a spiegare la mia situazione. “O rientri in carcere o resti là”, mi hanno detto. 

Ho chiamato un taxi per tornare in carcere e appena salito mi sono sentito subito meglio: era il giorno della liberazione, e io tornavo gratis verso la condanna. Ma il carcere per me è stata la soluzione migliore, un’ancora di salvezza. 

I compagni di cella si sono dimostrati molto solidali, quasi come una famiglia, mi hanno accolto bene e mi hanno dato le cose necessarie come lo spazzolino, il sapone, le sigarette, ecc… perché queste cose in carcere arrivano solo una settimana dopo.