Era 13 settembre del 2016 quando ho avuto la condanna definitiva, due minuti in cui tutta la vita cambia.
Sono un imprenditore, al mattino passo dal bar a fare colazione, mi chiama mia moglie e mi dice di tornare a casa che ci sono i carabinieri che vogliono parlarmi. Tranquillamente tornando a casa penso a che partita di calcio vogliono organizzare questa volta, perché ci troviamo periodicamente a giocare tra forze dell’ordine e un gruppo di amici. Invece appena arrivo mi dicono: “Walter, guarda qui”. Era la condanna definitiva per fallimento fraudolento per un’azienda che avevo venduto al mio ex socio 10 anni prima. Non ne sapevo nulla. L’avvocato si è anche dimenticato di fare appello! Mi si sono aperte le sbarre del carcere e ho avuto tanta paura e smarrimento. Per mia fortuna ho una formazione militare e questo mi ha aiutato molto dentro, ad esempio nell’accettare gli ordini senza discutere, e solo dopo pensarci.
In carcere ho trovato un’umanità non conosciuta e non prevista. Il mio compagno di cella mi ha aiutato molto da subito, mi diceva “Stai tranquillo, siediti, ti offro un caffè!” Il nostro rapporto si è trasformato in una vera e profonda amicizia. Ora che sono fuori abbiamo ogni sera il nostro appuntamento mentale.
Tra noi si instaura una solidarietà che fuori non trovi. Un giorno vedo entrare addirittura un vecchio amico, ci guardiamo negli occhi increduli: “Che ci fai qui?” mi dice. Ed io pronto: “Aspettavo te!” Ho capito il cartello che ho visto con scritto: “le persone non sono il loro reato”, perché le persone che ho incontrato in carcere non avrei pensato che potessero aver fatto quel reato: MAI DIRE MAI.
Il carcere ti permette anche di fare cose diverse, è un’occasione unica di leggere senza interruzioni: io ho letto tantissimo!!