Pedalare in collina 

Dopo il turno di lavoro vorrei caricare la bici sul pullman ma l’autista mi dice: “non si può!” 

Abito in un piccolo paese da 1 anno e 3 mesi. I miei vicini di casa sono molto bravi, ma dove abito non c’è lavoro per me e sono obbligato a spostarmi.  

Nel paesino in cui vivo non ci sono i pullman la mattina alle 5, perciò per andare al lavoro parto alle 4:30, prendo la bici e raggiungo la città. La strada che percorro ogni mattina in bici è molto brutta, senza luci, con salite e discese e le macchine corrono tanto. I km non sono tanti, sono le condizioni che mi fanno stare in pensiero. Appena arrivo lego a un palo la bici e aspetto l’autobus che mi porta dove lavoro.  

Ogni sera chiamo sempre il “mio capo” e sento se l’indomani devo andare al lavoro o meno.  Il mio “primo capo” è italiano, mentre il “secondo capo” è indiano.

Lavoro con i polli.  

Lavoro fino alle ore 16:00 di pomeriggio, coperto da tuta e maschera perché mi occupo di pulire i polli: levare il letame dalla gabbia, dare cibo e acqua e rimetterli in gabbia puliti. Il lavoro che faccio è un lavoro molto sporco e puzzolente. Appena finisco il turno mi faccio una doccia lì, vado a riprendere l’autobus e alle 19:00 di sera riprendo la mia bici e me ne torno a casa.  

Quando torno dopo il turno di lavoro vorrei caricare la bici sul pullman per tornare a casa, perché il paese dove vivo è in cima a una collina e la strada è ripida e piena di curve. Un giorno, l’autista non mi ha permesso di caricare la bici, mi diceva che c’è una regola per cui non potevo, mentre il giorno precedente un suo collega l’aveva fatta salire; lui invece ha continuato a dire “no, no” senza ascoltare, così sono tornato a piedi a casa quel giorno.  

All’arrivo a casa, mangio e vado subito a dormire perché la mattina dopo mi devo svegliare presto per andare di nuovo a lavoro.  

Nel mio paese, all’età di 15 anni studiavo la mattina e il pomeriggio lavoravo in un ufficio e mi occupavo di computer e software. Nel mio paese avevo delle grandi aspettative su di me e sulla mia vita. Sono dovuto venire in Italia e ora mi trovo a dover lavorare 10 ore al giorno per mantenere la mia famiglia in Bangladesh.  

I miei compagni di appartamento qui in Italia sono 5. Loro frequentano solo il corso di lingua italiana, non studiano e non lavorano. Solo io faccio tante cose e sono stanco fisicamente.