L’angelo

Sono stato arrestato a tre anni fa di notte, avevo 60 anni, mi sono venuti a prendere 4 poliziotti con il mitra. Avevo toccato il fondo, dal punto emotivo ed economico.

Dopo una perquisizione mi hanno portato via tutto, mi hanno spogliato e denudato e hanno messo ciò che avevo in un sacco nero. Un medico mi ha fatto una serie di domande come se fossi un drogato e un alcolizzato. Mi hanno dato due lenzuola e una coperta e mi hanno portato in cella. I compagni di cella mi hanno accolto malissimo, io non ero mai stato in carcere, e per tutta la notte pensavo a come riuscire a gestire la situazione. 

La mattina dopo però sono stato trasferito in un’altra cella, con sette detenuti: 2 tunisini, 2 africani e 3 italiani. Qua ho ricevuto un’accoglienza migliore: i miei compagni mi hanno fatto addirittura il letto, preparato il tavolo per la colazione. Ho subito trovato comprensione per questa mia prima esperienza e ho conosciuto una sorta di “capo”. 

Il leader della cella che si chiamava “Angelo, di nome e di fatto”. Mi ha accolto con gentilezza, mi ha fatto capire cosa significa essere in cella e come bisogna comportarsi e tra noi, si è instaurata una grande amicizia. 

Avevamo lo stesso avvocato (e lo stesso reato). Lui aveva soldi e molti contatti fuori: si faceva arrivare molti pacchi con tante cose, io fuori non avevo nessuno e qualche volta facevo in modo che i suoi pacchi fossero spediti a mio nome per alleggerire le spedizioni rivolte a lui. 

Dopo tre mesi (il tempo di imparare il carcere), a causa del sovraffollamento siamo stati trasferiti in due carceri diversi. Così, la mattina stessa del trasferimento, senza nemmeno il tempo di salutarci…